Allontanarsi dal luogo dell’incidente non basta per essere responsabili del reato di omissione di soccorso.

27 gennaio 2021

Allontanarsi dal luogo dell’incidente non basta per essere responsabili del reato di omissione di soccorso.

Per l’omissione di soccorso, infatti, è necessario che l’allontanamento avvenga «nella consapevolezza di aver verosimilmente cagionato lesioni alle persone coinvolte». La Cassazione ritiene necessaria la consapevolezza delle lesioni subite dalla persona rimasta coinvolta [cf. cass. pen. sent. n. 5914/2019].
Secondo i Giudici di legittimità, quindi, per il reato di omissione di soccorso non è sufficiente «la consapevolezza che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone», ma, è necessario che «tale pericolo appaia essersi concretizzato in effettive lesioni dell’integrità fisica».
Solo la consapevolezza di aver «verosimilmente cagionato lesioni» all’altro conducente rimasto coinvolto nel sinistro può essere causa di responsabilità penale. Le ferite, insomma, devono essere percepibili.
Nella circostanza richiamata, infatti, la Suprema Corte ha ritenuto che «Non può, in sostanza, porsi univocamente a carico dell’imputato – come la Corte di merito pare aver fatto – il reato di omissione di soccorso senza un approfondimento della effettiva percepibilità delle lesioni cagionate, ma sulla sola base della circostanza oggettiva delle lesioni successivamente diagnosticate alla persona offesa: lesioni che, per la loro tipologia e per la stessa condotta della persona offesa (recatasi in ospedale solo il giorno dopo), ben potevano non essere riconoscibili ictu oculi da parte del C.». Quindi, chi invece si allontana dal luogo dell’incidente ritenendo che l’altro automobilista non si sia fatto male non commette reato.
Manca, infatti, la consapevolezza, ossia il dolo, che è presupposto per punire l’omissione di soccorso.

* * * * *

Sulla questione si riporta una recente sentenza del Tribunale di Messina, pronunciata dal Giudice per l’udienza preliminare dott.ssa Valeria Curatolo

 

N. 3729/2019 R.G.N.R.  / N. 149/2020 R.G. G.I.P.
N. 9/2021 Reg. Sent.  - Data di deposito: 25 gennaio 2021

TRIBUNALE DI MESSINA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice per l’udienza preliminare dott.ssa Valeria Curatolo, all’udienza del giorno 14 gennaio 2021, in camera di consiglio, ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA
(art. 438 ss. c.p.p.)

** **, nato ad ** il **, residente a **, via **, difeso di fiducia dall’Avv. Domenico Arizzi del Foro di Messina;

libero/presente

IMPUTATO

Del reato p. e p. dall’art. 189, commi 1 e 6, D. Lgs. 285/1992, perché - coinvolto nel sinistro stradale verificatosi sulla A/18 sulla corsia di marcia CT-ME alla progressiva km 24+900 - mentre si trovava alla guida del proprio autocarro Fiat 40, tg. ** ha omesso di fermarsi e di prestare assistenza alle persone che avessero eventualmente subito lesioni (nello specifico ** **, conducente della Mercedes Classe A, tg. **, veicolo coinvolto nel suddetto sinistro). In Santa Teresa di Riva (Messina), il 05.05.2019.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

In data 8 aprile 2020 il giudice per le indagini preliminari su richiesta dell’organo d’accusa, emetteva nei confronti del ** il decreto penale nr. 287/2020 con il quale condannava l’imputato alla pena di euro 6.750,00 di multa.
Avverso il suddetto decreto l’imputato per il tramite del proprio difensore, munito di procura speciale, proponeva opposizione chiedendo di definire il procedimento con le forme del rito abbreviato condizionato alla audizione dei testi ** e ** e all’acquisizione del documento redatto dalla polizia stradale ovvero, in via subordinata, alla sola acquisizione documentale, ovvero, in via ulteriormente gradata, con le forme del rito abbreviato "secco".All’udienza del 14 gennaio 2021, l’imputato, assistito dal suo difensore, insisteva nella richiesta di definizione del procedimento con le forme del rito abbreviato condizionato alla acquisizione di alcune fotografie, il decidente, nulla opponendo il P.M., ammetteva l’imputato al rito abbreviato così come dallo stesso condizionato e revocava il decreto penale di condanna. Le parti formulavano le loro conclusioni come da verbale e il giudice, all’esito, emetteva dispositivo di sentenza di cui dava lettura in udienza.
Tanto premesso, dagli atti risulta che verso le ore 16:00 del 5 maggio 2019 ** **, alla guida dell’autovettura Mercedes Classe A targata ** percorreva l’autostrada A/18 con senso di marcia da Catania verso Messina.
Giunta nei pressi della progressiva chilometrica 24+900, mentre era intenta ad effettuare una manovra di sorpasso di un autocarro Fiat 40 targato **, condotto da ** **, perdeva il controllo del mezzo e, spostandosi da sinistra verso destra, andava a tamponare il suddetto veicolo che circolava sulla normale corsia di marcia.
L’urto si concretizzava tra la parte anteriore destra del veicolo condotto dalla ** e la parte posteriore sinistra dell’autocarro condotto dal **.
A causa del forte impatto, tale autocarro veniva spinto in avanti verso destra e, dopo aver strisciato con la ruota gemellare posteriore esterna destra contro il cordolo in cemento posto alla base del muro di contenimento ivi esistente, perdeva la barra para-incastro posteriore unitamente alla targa, che rimaneva sulla sede stradale lungo la corsia di emergenza.
Nonostante l’impatto il ** proseguiva la marcia, allontanandosi dai luoghi.
Anche la **, dopo essere scesa dall’auto e avere cercato - a suo dire - di contattare il conducente dell’autocarro, risaliva a bordo del mezzo incidentato e si spostava fino a raggiungere la piazzola di sosta ‘"Allume Est" ove attendeva l’arrivo della pattuglia della Polizia Stradale.
Ciò posto, giova premettere che il comma 1 dell’art. 189 C.d.S. statuisce che l’utente della strada, in caso di incidente "comunque ricollegabile al suo comportamento" (sul punto cfr. Cass. n. 52539/2017, secondo cui "in tema di circolazione stradale, il reato di cui all’art. 189, commi 6 e 7, cod. strada è configurabile nei confronti dell’utente della strada coinvolto nel sinistro, pur se non responsabile dello stesso, in quanto l’"incidente’’, che è comunque ricollegabile al suo comportamento assume il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare di una posizione di garanzia al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo derivante da un ritardato soccorso"), ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che eventualmente abbiano subito danni alla persona.
Il comma 6 del medesimo articolo, a sua volta, prevede che sia punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni chiunque, nelle condizioni, di cui al comma 1, non ottempera all’obbligo di fermarsi.
Orbene, il reato di "fuga" previsto dall’art. 189, comma 6, C.d.S., dal punto di vista soggettivo, ha natura dolosa e richiede che l’imputato sia consapevole di non aver ottemperato all’obbligo di fermarsi in presenza di un danno alle persone.
Nel caso di specie tale consapevolezza in capo all’imputato non può essere affermata oltre ogni ragionevole dubbio, in linea con il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte secondo cui "nel reato di fuga previsto dall’art. 189, comma sesto, cod. strad. l’accertamento del dolo, necessario anche se esso sia di tipo eventuale, va compiuto in relazione alle circostanze concretamente rappresentate e percepite dall’agente al momento della condotta, laddove esse siano univocamente indicative del verificarsi di un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone" (Cass. n. 16982/2013).
In ragione delle caratteristiche del mezzo da lui condotto, della dinamica del sinistro in cui era rimasto coinvolto, dei danni non particolarmente rilevanti riportati dai veicoli incidentati e della condotta tenuta dalla ** subito dopo il suo verificarsi, è infatti verosimile - come dallo stesso sostenuto - che il ** abbia potuto in buona fede credere che dall’incidente stradale non fossero scaturite conseguenze lesive per gli occupanti dell’altro veicolo.
Al riguardo, si consideri peraltro che inizialmente gli operanti non avevano riscontrato alcun tipo di lesione riportata dalla **, la quale, all’atto del loro intervento, non necessitava di immediata assistenza e solo alle successive ore 19:31, accusando una "lieve cervicalgia post-traumatica e limitazione funzionale algica dei movimenti articolari a carico della spalla e del ginocchio dx", si recava autonomamente presso il Pronto Soccorso del **, ove, all’esito della visita, veniva dimessa con diagnosi di "cervicalgia post-traumatica da contraccolpo, trauma contusivo alla spalla dx e ginocchio dx" e prognosi di giorni 7 s.c. (cfr. documentazione medica in atti).
Se dunque il dolo deve investire tutti gli elementi del fatto, è ragionevole, nel caso che ci occupa, ritenere che l’imputato non si sia reso conto che la conducente dell’altro veicolo avesse potuto riportare un danno alla persona, danno per il quale non erano invero necessarie cure mediche immediate al momento del fatto.
Non potendosi dire pertanto raggiunta la piena prova che l’imputato abbia posto in essere la condotta contestata con coscienza e volontà, si impone l’esito assolutorio del giudizio, con la formula ‘‘perché il fatto non costituisce reato’’, quanto meno ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p.

P.Q.M.

visti gli artt. 442, 530 c.p.p. assolve ** ** dal reato ad esso ascritto perché il fatto non costituisce reato.
Revoca il decreto penale di condanna n. 287/2020 D.P..
Messina, 14 gennaio 2021.
Il Giudice (Valeria Curatolo)
Depositato in cancelleria,
Messina, il 25 gennaio 2021
Assistente Giudiziario Giovanna Pavone

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