Sfratto per morosità - Incidenza delle misure di contenimento della pandemia sulla esecuzione della prestazione nelle locazioni commerciali
Tipo procedimento: Contenzioso Civile
Numero di Ruolo generale: ****/2020
Giudice: CALECA EMILIA
Attore principale: ****, con l’avv. ****
Conv. principale: ****, con l’avv. Domenico Arizzi
TRIBUNALE DI MESSINA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Giudice dott.ssa Emilia Caleca,
in scioglimento della riserva assunta all’udienza del 13 novembre 2020;
esaminati gli atti del procedimento rubricato al nr. ****/2020 R.G., avente ad oggetto sfratto per morosità;
rilevato che:
con contratto stipulato in data 24 ottobre 2014, la Signora **** ha ceduto in locazione per uso commercialealla **** l’immobile sito in Taormina, destinato allo svolgimento dell’attività di agenzia di viaggi esevizi turistici, per il canone locatizio fissato in € 4.000,00 mensili.
Con atto pubblico del ** la **** ha ceduto il ramo dell’azienda commerciale costituitodai beni organizzati per l’esercizio dell’attività di agenzia viaggi e turismo alla ****, la quale è subentratanel contratto di locazione stipulato con la Signora **** - alla quale è stata inviata formale comunicazione -assumendosi l’obbligo di pagare i canoni di locazione a decorrere dal mese di gennaio 2020.
La società ****, nel costituirsi nel giudizio che ci occupa, si è riconosciuta unica legittimata passivamente enon ha contestato la morosità, per sanare la quale, se pur parzialmente, ha reiterato banco iudicis l’offerta dipagamento della somma di € 12.500,00, già formulata a mezzo pec nel mese di settembre 2020, unitamente all’offertadi cessione del credito di imposta, prevista dall’art. 28 d.l. nr. 18/2020 e dall’art. 65 d.l. nr. 34\2020, con successivemodifiche ed integrazioni.
La conduttrice ha proposto quindi opposizione alla convalida dello sfratto, deducendo che il proprio inadempimento èincolpevole in quanto determinato da impossibilità sopravvenuta non imputabile ad essa parte debitrice, bensìall’emergenza sanitaria, le cui misure di contenimento non Le hanno consentito lo svolgimento di alcuna attività nelsettore turistico. Ha invocato l’operatività dell’art. 1256 II comma c.c, facendo appello all’art. 91 del d.l. nr. 18\2020.
Tenuto conto della documentazione versata agli atti in questa fase sommaria;
Visto l’art. 91 del d.l. nr. 18/2020 convertito il l. nr. 27\2020, il cui comma 6 bis richiama gli artt. 1218 e 1223 ai finidell’esclusione della responsabilità del debitore nei casi in cui questi non possa eseguire esattamente la prestazionedovuta, per impossibilità derivante da causa a lui non imputabile;
considerato che la proposta opposizione preclude l’emissione dell’ordinanza di convalida dello sfratto e che sussistonogravi motivi ostativi alla pronuncia di ordinanza di rilascio, chiesta in subordine dalla parte intimante, ai sensi dell’art.665 C.p.c..;
ritenuto che le domande e le eccezioni formulate dalle parti meritano un più ampio approfondimento nella successivafase del giudizio, dove saranno meglio valutate le ragioni sia del creditore che del debitore.
P.Q.M.
Riserva al prosieguo la pronuncia sull’estromissione dal presente giudizio della società ****;
Rigetta la domanda di emissione di ordinanza di rilascio, ex art. 665 C.p.c.;
ai sensi dell’art. 426 C.p.c., dispone il mutamento di rito del presente giudizio, che proseguirà nelle forme del ritospeciale, come da art. 667 C.p.c.;
assegna alla parte intimante il termine di gg. 15 a decorrere dal 30 novembre 2020 per l’avvio del procedimento dimediazione innanzi al competente Organismo di Mediazione, previsto dall’art. 5 D.Lgs n. 28\2010;
fissa per la prosecuzione del giudizio, ex art. 420 C.p.c., l’udienza dell’11 giugno 2021 ore 13:00, assegnando alle partitermine fino al 30 maggio 2021 per integrare gli atti e depositare documenti e memorie.
Si comunichi alle parti.
Messina, 26 novembre 2020
IL GOT - Emilia Caleca
* * * * *
L'ordinanza sopra richiamata è stata emessa dal Giudice del Tribunale di Messina, in accoglimento delle eccezioni proposte dalla società convenuta che sotto si trascrivono.
(omissis)
La morosità dedotta dalla locatrice è vera e reale e certamente persiste ancora oggi, come del resto persiste anche la gravissima situazione epidemica che ha reso [e rende] impossibile, per la conduttrice, lo svolgimento dell’attività di agenzia di viaggi e turismo e tour operator per l’assoluta mancanza di domanda di tali servizi, determinata dalle introdotte pesanti limitazioni agli spostamenti d’ogni genere.
Tuttavia, l’inadempimento dedotto dalla locatrice è, nella fattispecie, inadempimento incolpevole e/o, comunque, determinato da impossibilità sopravvenuta per causa che non è imputabile al debitore.
Nell’ambito delle locazioni commerciali, del resto, la pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non può prescindere dalla considerazione, ad opera del Giudicante, ex art. 1455 c.c., degli ordinari parametri atti a qualificare l’inadempimento sia in termini di colpevolezza e di gravità sicché, con riferimento agli specifici periodi di chiusura forzata (e, più in generale, per quanto costituisca effetto riconducibile all’attuale situazione pandemica), l’indicazione contenuta nell’art. 3, co. 6-bis del D.L. 6/2020, modificato dall’art. 91 del D.L. 18/2020, laddove esclude la responsabilità del debitore chiamato al rispetto dei provvedimenti autoritativi, apparire sufficiente a escludere la possibilità di risolvere il contratto.
Il Governo, infatti, ha individuato nell’emergenza epidemiologica che il nostro Paese (come tutti gli altri Stati colpiti dal contagio) sta vivendo a causa del Coronavirus, una causa di forza maggiore, tale da escludere una responsabilità in chi non adempie le obbligazioni nei termini stabiliti contrattualmente, almeno fino al termine dell’emergenza. Questo perché la legislazione emergenziale ha ritenuto il provvedimento amministrativo che impone la chiusura dell’attività commerciale, de iure, integrante l'ipotesi del caso di forza maggiore ostativo alla prosecuzione dell’attività del conduttore e, in ragione di tale circostanza e della temporaneità dell’impedimento, nell’ottica di un aiuto a soggetti così economicamente penalizzati, ha inteso mandare esente la parte conduttrice dalla responsabilità come se fosse temporaneamente impossibile la prestazione.
Tanto, del resto, si ricava dal Decreto-legge “Cura Italia” 17.3.2020 n. 18 che – all’art. 91 ha integrato l’art. 3 del DL n. 6 del 23.2.2020 introducendo il comma 6 bis –, prevede espressamente: «Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi versamenti»; in altri termini che, in materia di contratti ed obbligazioni, la parte inadempiente o in ritardo a causa degli effetti dell’epidemia, ha diritto a invocare l’esimente della forza maggiore, fatta salva la prova dell’impossibilità di adempiere la prestazione, seppure parzialmente.
Il richiamo all'art. 1223 c.c. contenuto nella normativa emergenziale, infatti, ha lo scopo di «sterilizzare gli effetti sostanziali che deriverebbero dall'inadempimento del debitore in una situazione di fisiologia» con la conseguenza che, secondo l’opinione più convincente, la norma ha voluto inserire «una causa emergenziale di giustificazione» destinata a spiegare i propri effetti per neutralizzare gli effetti dell'emergenza stessa.
È vero però che difettano, nella normativa innescata dalla pandemia, disposizioni che assumano a oggetto non tanto l'impossibilità tecnica di adempiere, quanto quella strettamente finanziaria, circostanza che rende difficoltoso l’inquadramento giuridico della fattispecie.
Ora, non vi è dubbio che l’evento verificatosi è straordinario e imprevedibile ed è estraneo alla sfera regolata dal contratto e al di fuori della sfera di controllo del locatore e del conduttore: la pandemia costituisce certamente un evento imprevedibile tale da integrare l'ipotesi di forza maggiore e la chiusura dell'esercizio commerciale per decreto della autorità [e, nel caso specifico, l’impossibilità di svolgere la specifica attività commerciale anche per effetto delle pressanti restrizioni imposte per gli spostamenti] costituisce il factum principis che pure determina un’ipotesi di forza maggiore.
Nella attuale contingenza, però, non difetta la prestazione del locatore (che si concretizza nella messa a disposizione del locale il quale permane nella disponibilità del conduttore che ne mantiene la detenzione) come, per converso, non difetta il godimento del locale da parte del conduttore che, pur impossibilitato a esercitare il commercio, resta comunque nella detenzione del locale.
Ciò porta, quindi, a configurare l’impossibilità di adempiere alla prestazione-pagamento canone di locazione per l’attuale situazione di pandemia da Covid-19 un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta temporanea di cui all’art. 1256, 2° comma, c.c., fermi restando, per le parti, il reciproco obbligo di improntare la propria condotta ai principi della buona fede. Dovendosi però ritenere che l’impossibilità dedotta sia solo temporanea – legata quindi al solo periodo emergenziale – per la locazione di cui qui si discute tale effetto si traduce nella possibilità, per la conduttrice società ****, di ottenere, sulla base dell’art. 1256, 2° comma c.c., una sospensione dell’obbligo di pagamento del canone fino al termine della causa di forza maggiore, salvo poi dover pagare gli arretrati, senza interessi, una volta terminata l’emergenza [atteso che, infatti, a norma dell'art. 1256, 2° comma, c.c., il debitore non è responsabile del ritardo oltre alla possibilità, prevista dall’art. 1464 c.c. in tema di impossibilità parziale che, quando la prestazione di una parte diviene solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto ad una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta].
A ben guardare, però, a fronte dell’attuale situazione, vi è per il conduttore, piuttosto, anche un caso di inutilità della prestazione che incide sul rapporto sinallagmatico cambiandolo rispetto a quello che era stato delineato dalle parti nel momento della conclusione del contratto, con la necessità quindi, come previsto dall’istituto di cui all’art. 1467 c.c., di modificare equamente le condizioni del contratto.
Il rapporto obbligatorio, del resto, è caratterizzato da una struttura complessa in quanto il principio di correttezza si pone come fonte di doveri ulteriori che vincolano le parti ancorché non risultino dal titolo del rapporto obbligatorio. Vi è, infatti, per entrambe le parti – e costituisce specificazione del principio di buona fede – l’obbligo di salvaguardare l’utilità della controparte nel limite dell’apprezzabile sacrificio; la buona fede, pertanto, si concreta in una duplice direzione, ossia nei confronti del creditore fa sì che gli sia vietato di abusare del suo diritto e, allo stesso tempo lo obbliga ad attivarsi per evitare o contenere gli imprevisti aggravi della prestazione o le conseguenze dell’inadempimento.
L’evoluzione giurisprudenziale e dottrinale in tema di clausola generale di buona fede nell’adempimento del contratto.
La società deducente, in ogni caso, in quanto debitrice, considerato che il nesso causale fra il rispetto delle misure e l’inadempimento va provato e contestualizzato, riserva di adempiere l’onere di dimostrare che è stato proprio l’ossequio alle misure di contenimento ad averle impedito di eseguire la prestazione. In proposito, del resto, è sufficiente considerare, allo stato, che le misure adottate per il contenimento dell’epidemia da covid hanno reso del tutto impossibile lo svolgimento dell’attività che è propria della ****, con ostacoli che non potevano essere rimossi neppure facendo uso dell’ordinaria diligenza, per la necessità di adeguarsi alle prescrizioni governative, configurando ciò, concretamente, causa di forza maggiore.
Siffatti principi, del resto, hanno trovato puntuale applicazione nelle più recenti pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato la questione.
Secondo il Tribunale di Roma [Trib. Roma, Sez. VI, Ord., 28 agosto 2020 n. 15903, ma anche Trib. Roma, Sez. VI Civile, sent. n. 7773/20 del 22.5.2020], infatti, il perdurare dell’emergenza richiede estrema prudenza nel valutare l’inadempimento e la conseguente richiesta di concessione dell’ordinanza di rilascio dell’immobile va negata, laddove (come nel caso esaminato) sussistono gravi ragioni.
Il Tribunale Venezia (ord. n. R.G. 2020/4324 del 30.9-2.10.2020) non ha convalidato lo sfratto per morosità intimato per il mancato pagamento dei canoni di rent to buy relativi ai mesi da dicembre 2019 a maggio 2020 ritenendo che il mancato (o perlomeno ridotto) godimento dei locali, destinati ad attività turistico-ricettiva, da parte del conduttore a causa delle restrizioni imposte dalla normativa emergenziale abbia comportato una impossibilità parziale sopravvenuta della prestazione del locatore.
Analoghi provvedimenti, per quanto si è appreso, sono stati emessi pure dal Tribunale di Catania (sez. V civile, ordinanza del 30.7.2020), dal Tribunale di Napoli (sez. IX, ordinanza 15 luglio 2020), dal Tribunale di Palermo (che ha ritenuto che “Non può ritenersi sussistente un inadempimento grave del conduttore, stante la grave situazione di emergenza sanitaria a causa del Covid-19, che ha portato all’adozione dei provvedimenti governativi di chiusura degli esercizi commerciali per più di tre mesi", Tribunale di Palermo, ord. 25/9/2020).
P.Q.M.
Voglia l’on.le Tribunale adito, disattesa e respinta ogni contraria istanza eccezione e difesa:
1. Preliminarmente, in virtù di quanto dedotto e documentato con la produzione dell’atto in **** del 9 luglio 2020, ritenere che, nella presente controversia, legittimata passiva è la deducente società ****, con conseguente estromissione della cedente società ****;
2. Rigettare la chiesta emissione di ordinanza provvisoria di rilascio atteso che l’inadempimento dedotto dalla locatrice è, nella fattispecie, inadempimento incolpevole e/o, comunque, determinato da impossibilità sopravvenuta per causa che non è imputabile al debitore.
3. Ritenere e dichiarare, del resto, che la pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non può prescindere dalla considerazione, ex art. 1455 c.c., degli ordinari parametri atti a qualificare l’inadempimento sia in termini di colpevolezza e di gravità che, nella fattispecie, difettano per quanto espressamente stabilito dal Decreto-legge “Cura Italia” 17.3.2020 n. 18 che all’art. 91 ha integrato l’art. 3 del DL n. 6 del 23.2.2020 introducendo il comma 6 bis.
4. Dichiarare inammissibile, improponibile e/o improcedibile e comunque rigettare la domanda ex adverso proposta, con intimazione di sfratto per morosità, per le ragioni tutte ampiamente sopra esposte ritenendo e dichiarando l'assenza dei presupposti e delle condizioni dell'azione intrapresa nei confronti dell’intimata società **** nonché, occorrendo, la sussistenza degli altri vizi che si riserva di dedurre.
5. Fare carico all’intimante-attrice, per quanto previsto dall’art. 5, comma 1-bis del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, di esperire il procedimento di mediazione, che è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Con ogni più ampia riserva nel merito e istruttoria in esito allo svolgimento della causa ed alle deduzioni di controparte.
Si producono i documenti indicati in narrativa.
Salvo ogni altro diritto e/o azione.
Messina, lì 12 novembre 2020
Avv. Domenico Arizzi
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